Camminare insieme
L’essere umano ha la tendenza alla socialità. Aristotele nel IV secolo a.c. scrive che: «L’uomo è per natura un essere sociale, e chi vive escluso dalla comunità è malvagio o è superiore all’uomo, come anche quello che viene biasimato da Omero: “empio senza vincoli sociali”; infatti, un uomo di tal fatta desidera anche la guerra. Perciò, dunque, è evidente che l’uomo sia un essere sociale più di ogni ape e più di ogni animale da gregge. Infatti, la natura non fa nulla, come diciamo, senza uno scopo: l’uomo è l’unico degli esseri viventi a possedere la parola; la voce, infatti, è il segno del dolore e del piacere, perché appartiene anche agli altri esseri viventi: la loro natura ha fatto progressi fi no ad ave re la sensazione del dolore e del piacere e manifestare agli altri tali sensazioni; la parola, invece, è in grado di mostrare l’utile e il dannoso, il giusto e l’ingiusto: questo, infatti, al contrario di tutti gli altri animali, è proprio degli uomini, avere la percezione del bene, del male, del giusto e dell’ingiusto e delle altre cose. E la comunanza di queste cose crea la casa e la città» (Politica, 1252a).
È sufficiente guardarsi attorno per renderci conto che siamo fatti per stare insieme; senza questa dimensione non saremmo neppure venuti al mondo; infatti, siamo stati generati grazie all’ incontro dei nostri genitori. Anche noi, come gli animali, mangiamo ma, a differenza degli animali, abbiamo la necessità di mangiare insieme perché non viviamo solo di pane, ma anche di dialogo e di relazioni. Chi fra noi qualche volta, invita to a pranzo da amici, non ha detto: «Non preoccuparti per il pranzo: l’importante è stare insieme».
John Donne (sec. XVII) in una famosa poesia, che ha ispirato Thomas Merton e Ernest Hemingway, ricorda che: «Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto. Se anche solo una zolla venisse levata via dal mare, l’Eu- ropa ne sarebbe diminuita, come se le mancasse un promontorio, come se venisse a mancare una dimora di amici tuoi, o la tua stessa casa. La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell’umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te». Chi si isola è come un ramo staccato dalla pianta: a nulla serve se non essere bruciato. Altra cosa è la solitudine, necessaria per stabilire relazioni vere e profonde. Alla base e al centro della relazione c’è sempre e necessariamente il silenzio. La solitudine e il silenzio sono indispensabili per plasmare la parola e per accogliere la parola dell’interlocutore. La solitudine di chi si ritira in un monastero non è isolamento, ma silenziosa disponibilità ad entrare in comunione con l’Altro e con gli altri.
Il vero eremita non si sente lontano dal mondo perché stando con Dio è vicino a tutti. Giustamente è stato detto che “Nessuno è meno solo di chi è solo con Dio!”. Infatti, chi sta col Padre trova i fratelli. Parafrasando san Giovanni possiamo affermare con sicurezza che chi dice di stare con Dio e non sa stare con i fratelli è un bugiardo (1Gv 4,20-21). Sant’Annibale, abituato a vivere costantemente alla presenza di Dio, sapeva stare in compagnia e stabilire forti legami di amicizia, specialmente con P. Pantaleone Palma che fu suo collaboratore. Il Servo di Dio Giuseppe Marrazzo iniziava e concludeva le sue giornate nella solitudine e nel silenzio davanti al Tabernacolo e soleva ripetere: “Vado a pregare; ti porto con me! Stiamo insieme, insieme, sempre insieme”.
Il 9-10 ottobre u.s. papa Francesco ha aperto il “Sinodo sulla sinodalità”, ossia un “Sinodo sul camminare insieme”. Come si fa a camminare insieme con tutte le restrizioni che ostacolano le relazioni? Si potranno utilizzare gruppi di discussione online con attività online autogestite, gruppi di conversazione (chat), telefonate e le varie for me di comunicazione sociale, così come i questionari cartacei e online, ecc. Si potrà sicuramente stare insieme nella preghiera, nel silenzio dell’ascolto.